Una domenica a Porta Portese e al Ghetto

Domenica mattina. Che fare?
C'è di meglio che andare a Porta Portese?

Arriviamo per tempo al Circo Massimo, con la metro o con la moto. Se non possiamo farne a meno anche in auto, ma non mi pare la scelta migliore. L'itinerario ci occuperà l'intera giornata.
Dalla fermata della metro B ci fermiamo per guardarci intorno. All'inizio della spianata si vede la Torre della Moletta, chiamata così perchè eretta in epoca medioevale a protezione di un antico mulino azionato da una delle "marrane" romane, un torrente ormai scomparso. Poco oltre sulla destra, oltre la Via dei Cerchi, lo sguardo spazia sul Foro Romano. La struttura del Circo occupa un enorme spazio, più di 600 metri di lunghezza, che ne fanno la più grande mai esistita al mondo dedicata agli spettacoli. Qui venivano effettuate le corse delle bighe. Oggi vi si svolgono concerti (come quelli per celebrare gli scudetti delle squadre romane, ohimé vecchi di qualche anno) e grandi manifestazioni sindacali.

All'altra estremità (ci passeremo verso la fine dell'itinerario) il Vico Jugario - appena sotto il colle del Campidoglio - era il punto di arrivo della antica Via Salaria, che collegava Roma alla Sabina. Pare infatti che questo sia il luogo in cui avvenne il Ratto delle Sabine. Più dentro di così alla storia delle origini di Roma non si può.

Ci spostiamo di poche decine di metri verso il Colosseo per raggiungere la fermata del bus 75, che, dopo 8 fermate, ci porta appena fuori a Porta Portese. Con un mezzo proprio conviene cercare parcheggio nei dintorni. I parcheggiatori abusivi sono implacabili.
Il bus passa di fianco al Circo Massimo. A metà circa sulla sinistra si può vedere il monumento a Mazzini. Una canzoncina licenziosa diceva

...de dietro ar monumento de Mazzini
   ce staveno a gioca' li regazzini ...

e il seguito però non lo dico. Comunque il panorama sui Fori è uno spettacolo.

Al di là della porta si entra nel più celebre mercato delle pulci romano. Qui c'è tutto: roba nuova e roba usata, borseggiatori e roba rubata, copertoni e collanine, vecchi telefoni e scarpe, pappagallini e dischi in vinile ...


Il mercato è una tradizione romana tutto sommato recente, risale al dopoguerra. Qui nel 1945 si spostarono i commerci a borsa nera - che prima si tenevano a Campo de' Fiori - per comprare o scambiare merci.
Giriamo tra le bancarelle. Qualcosa da comprare la troveremo. Contrattiamo a morte, ma tanto alla fine (come ci è capitato tante volte nei paesi islamici) noi saremo soddisfatti, ma più soddisfatto ancora sarà chi vende.

Alla fine usciamo nuovamente dalla porta per arrivare dopo circa 300 metri a Viale Trastevere alla fermata del tram n.8 davanti al Ministero della Pubblica Istruzione (oddio, mi sà che non si chiama più così). Due fermate e scendiamo in Piazza Giuseppe Gioacchino Belli. Chi si sposta con un mezzo proprio si arrangi.



Un monumento ricorda il poeta. Un frammento dei suoi versi lo avevamo ricordato nell'itinerario R3 parlando di Piazza Navona. Mi piace citare un'altro sonetto:

Mi' nonna ...
... sparecchia e arissetta la cucina.
E appena visto er fonno ar bucaletto,
na' pisciatina, na' sarvereggina,
e in santa pace ce n'annamo a letto.

Non mi viene in mente un ritratto migliore di certe figure popolari di una volta.
Solo di una volta??

Volendo si potrebbe girare a sinistra sul lungotevere per arrivare in mezzo chilometro a Piazza Trilussa (altro monumento) dedicata all'altro celebre poeta romanesco.

Credi che io sia monarchico? Pe' gnente
che me ne frega. E manco socialista.
Repubblicano? Affatto! Io so' teppista
e, pe' deppiù teppista intransiggente.
Ma nun me crede poi tanto bojaccia
che so' più onesto quanno semo ar dunque
de tutti 'sti teppisti ariparati
de dietro a 'na politica qualunque.

Scetticismo e satira di ispirazione borghese e qualunquista.
E - già che ci siamo - perchè non nominare anche Cesare Pascarella? Lui pure è sepolto al Cimitero Monumentale del Verano come i due precedenti, però la tomba è l'unico suo monumento.
Da "La Scoperta dell'America":

Veddero un fregno buffo, co' la testa
dipinta come fosse un giocarello,
vestito mezzo ignudo, co' na cresta
tutta formata de penne d'uccello.
Se fermorno. Se fecero coraggio ...
- A quell'omo! - je fecero - chi séte?
- E - fece - chi ho da esse?
Sò un servaggio.

E basta adesso, citazioni ne ho fatte anche troppe. E la poesia non è certo nelle mie competenze.

Se si è fatta l'ora per una sosta questa è la zona adatta per mangiare qualcosa.
Sul lungotevere andiamo a destra. 350 metri e troviamo Ponte Cestio, col quale passiamo sull'Isola Tiberina ( itinerario R2).



Passiamo davanti a una delle più note (ma non economiche) trattorie di Roma, quella della Sora Lella, sorella di Aldo Fabrizi e - sullo schermo - tante volte nonna di Carlo Verdone. Traversata l'isola passiamo sull'altra sponda del Tevere con il Ponte Fabricio detto dei Quattro Capi per via del pilastro con le quattro teste di Giano. Siamo arrivati al Ghetto. Con la moto o un'auto avremmo dovuto fare un lungo giro. Comunque il giro successivo va percorso a piedi.

         

Di fronte abbiamo la grande Sinagoga. Fu costruita solo dopo l'unità d'Italia, quando il re Vittorio Emanuele II concesse la cittadinanza agli ebrei. Prima, fin dal '500 (salvo i brevi periodi in cui Roma non fu governata dai papi) gli ebrei non avevano diritti civili, ed erano obbligati a risiedere nel ghetto. Solo dall'alba al tramonto potevano varcare le porte che chiudevano la zona e che venivano serrate ogni notte. Inoltre dovevano indossare un segno di riconoscimento. Vi ricorda forse il nazismo?
A me si.
Comunque i papi non arrivarono a fare quello che fece il comandante Herbert Kappler: farsi consegnare 50 chilogrammi d'oro per non deportare gli ebrei e poi rastrellarne più di mille. La quasi totalità non tornò più da Auschwitz.
Come è possibile che oggi ci siano ebrei che innalzano muri in Palestina? Eppure qualcuno pensa che è giusto così.

Passiamo a destra della Sinagoga e arriviamo in breve al Portico di Ottavia. Fu eretto per volere dell'imperatore Augusto che lo dedicò alla sorella (Ottavia, appunto). Nel Medievo qui furono costruiti un grande mercato del pesce e la chiesa di S.Angelo in Pescheria. Tornando al discorso di prima, nella chiesa fino all'800 gli ebrei erano obbligati a presenziare alle prediche che dovevano convertirli.



Prima di arrivare alla chiesa procediamo ancora su Via del Portico d'Ottavia fino a che sulla destra troviamo Via della Reginella, uno dei più caratteristici "vicoli di Roma". Percorrendola sbuchiamo in Piazza Mattei, dove c'è la bella Fontana delle Tartarughe della fine del '500. Qualcuno dice che fu disegnata da Raffaello. Certamente le tartarughe in bronzo furono aggiunte solo un secolo dopo da Bernini.



A lato del portone di Palazzo Mattei al civico 17 vediamo una finestra murata. Un'altra delle numerose leggende romane dice che fu murata dal Duca Mattei dopo aver fatto affacciare il futuro suocero sulla fontana. Fontana che aveva fatto realizzare durante una sola notte per convincerlo di non essere rimasto senza un soldo dopo aver perso moltissimo al gioco e essere stato di conseguenza  rifiutato come sposo della figlia.
Da qui in 150 metri attraverso Via dei Funari raggiungiamo Via della Tribuna di Campitelli sulla destra, e la seguiamo fino a S.Angelo in Pescheria. Dopo averla visitata torniamo indietro, giriamo per Piazza Campitelli e Via del Teatro di Marcello.
Ecco il teatro, in parte inglobato nelle costruzioni successive. Antica sede di spettacoli anche musicali, rimase abbandonato per secoli e saccheggiato per ricavarvi marmi e altri materiali. Su un lato i magnifici resti delle colonne del Tempio di Apollo Sosiano (medico) eretto nel V secolo avanti Cristo dopo una pestilenza.



Poco più avanti, all'incrocio col Vico Jugario di cui abbiamo già parlato, vediamo la chiesa di S.Nicola in Carcere. Qui vi erano tre templi romani: quello di Giano, quello della Speranza e quello di Giunone Sospita. Sul fianco della chiesa sono ancora visibili le colonne del tempio della Speranza. Nulla resta degli altri.
Un tempio celebre di Giunone Sospita (salvatrice) che c'è ancora si trova a Lanuvio, dalle parti di casa mia (C4). Qualche volta vi ci porto.
Che ci sta? Quello che resta del culto del serpente sacro a Giunone. Si dice che in primavera delle fanciulle offrissero doni al serpente. Se i doni venivano accettati il raccolto sarebbe stato buono. Altrimenti una fanciulla (quella impura!) sarebbe stata offerta in sacrificio per scongiurare la carestia. Meglio essere casti.

Siamo all'incrocio col Vico Jugario di cui avevamo parlato. Da qui a destra si torna facilmente sul lungotevere se per caso avevamo parcheggiato da quelle parti. Invece proseguendo per circa 200 metri arriviamo in Piazza della Bocca della Verità. E qui ce n'è di roba.
C'è la chiesa di Santa Maria in Cosmedin che, in fondo, ancora conserva i resti dell'Ara Maxima di Ercole nei quali è scavata nel tufo la cripta. Ma soprattutto conserva nel portico anteriore la celebre e frequentata Bocca della Verità. E' un mascherone marmoreo che raffigura una divinità, in realtà probabilmente un tombino che inghiottiva l'acqua piovana dalla bocca. Una famosissima leggenda medioevale dice che tenendo la mano dentro la bocca del mascherone chi dice una bugia l'avrà mozzata. In particolare questa veniva ritenuta la "prova" per saggiare la fedeltà del coniuge.
Ma una leggenda successiva sancisce il fatto che quando mai la incastri una donna! Racconto.
Una donna adultera affrontò la prova d'accordo con l'amante che gli venne incontro facendo finta di essere matto, abbracciandola e baciandola. Tutti commiserarono il povero infelice privo di senno. Così la donna, la mano nella Bocca, disse di essere stata baciata in vita sua solo dal marito e dal pazzo di prima. Era vero!



Tutta l'area era occupata nell'antichità dal Foro Boario, il mercato dei buoi adiacente al porto commerciale sul Tevere. Infatti di fronte alla chiesa ancora sorgono due templi: il Tempio di Portunus (protettore dei fiumi e dei porti) e il Tempio di Ercole. Il Tempio di Portunus è quello rettangolare e viene normalmente chiamato Tempio della Fortuna Virile. Chissà poi perchè. Forse per essere stata nel medioevo una chiesa dedicata a S. Maria Egiziaca protettrice delle donne ... allegre. Che fortuna!
Il Tempio di Ercole è quello tondo e viene detto Tempio di Vesta. Ma pare che Vesta non c'entri niente, essendo stato realizzato da un mercante romano d'olio e dedicato a Ercole, protettore degli oleari. Lì avanti c'è la Fontana dei Tritoni.

         

Tutto il giro dall'Isola Tiberina a qui ci ha fatto camminare per poco più di un chilometro. Non resta che tornare all'auto o alla moto. Qui vicino, se così avevamo fatto. Se no basta raggiungere a pochi passi la fermata degli autobus di Via della Greca. Per esempio l'85 ci riporta dopo sole due fermate alla metro Circo Massimo, oppure in 10 fermate a S.Giovanni.