C'est plus fossil

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Abbiamo navigato

Giorni e notti abbiamo navigato.
Nelle nostre orecchie risuona ancora il fragore del mare scuro che ci aggrediva  al fianco.
Il sibilo del vento ci ha accompagnato.
Il porto ci accoglie, sicuro, finalmente.
E ci accoglie la gente ospitale, con un sorriso.
Ci dice qualcosa in un linguaggio che non capiamo.
Siamo giunti in questa terra straniera, in questo regno di montagne altissime e sconfinati deserti, di villaggi sperduti e città brulicanti di umanità, di tortuose viuzze e piazze ariose.
Qui conosceremo lo scaltro mercante e il nomade dalla pelle bruciata dal sole, il vecchio canuto e il giovane imberbe.
Vedremo gli occhi misteriosi della donna velata e il visino sporco della bimba che chiede un biscotto.
Andiamo, è ora. Siamo di nuovo in Marocco.
 


In navigazione

 


Mare mosso


Se me lo avessero detto

Metti che qualcuno me lo avesse detto quando avevo vent’anni che so zia Mina mi avesse detto Federico tu andrai e riandrai sulla terrazza del Cafè Glacier per un tè alla menta e dolcetti di mandorle e ti affaccerai a guardare giù avrei risposto che scherzi io non è che ami tanto il tè e neanche la menta le dentiere poi mi fanno ribrezzo figuriamoci quelle che vendono usate ma invece eccomi ancora a Djema el Fnaa con le galline vive e i serpenti incantati i motorini scassati e il cieco che come ci riesce a passare e il minareto della Koutubia sorveglia dall’alto e la sera si illumina pure col fumo delle bancarelle che arrostiscono e lo sterco dei cavalli questa piazza irrinunciabile trappola implacabile sempre falsa sempre vera pare che ne senti il respiro oggi ci sono …
… ma giuro che ci ritorno.
 


L'incantatore


Pronto per la foto


Bancarelle

A  Tarfaya un relitto fa bella mostra di sé. E’ quello del traghetto che un tempo collegava il Marocco alle isole Canarie.
Ma da queste parti il vento e le onde non scherzano, così qualche anno fa il traghetto non è riuscito a entrare in porto e ha finito per arenarsi sulla spiaggia poco a sud.
Si dice di camperisti che la notte ascoltando il sibilo del vento credono di sentire la tromba dei vecchi camper arruginiti e abbandonati  nella pancia della nave.
Ma io non ci credo, non ci voglio credere.
 


Sosta pranzo


Sullo oued Ma Fatma


Il traghetto per le Canarie

Che lunga la strada, sempre vicina all’oceano e alla sue brume, invasa dalla sabbia, stretta e pericolosa!
Ma poi, per volere di Allah, siamo finalmente arrivati al “venticinque” (il 25, l’avevo spiegato negli anni scorsi, è lo spazio a 25 km da Dakhla – Trouk Plage – dove si fermano i camper di mezzo mondo.
E al 25 siamo arrivati giusto in tempo per partecipare alla festa della comunità italiana per il Martedi Grasso. Abbiamo sfruttato la veranda del costruendo ristoro sulla spiaggia per avere ombra e un riparo dal vento. Ci siamo ritrovati in una cinquantina di persone di tutte le età, da Federico di pochi mesi (non io ovviamente) agli ultra settantenni. Frappe, castagnole, dolciumi di ogni tipo sia comprati in città sia fatti in casa (fin dal mattino si sentiva il profumo dei piccoli forni dei camper).
Poi bevande, vini, grappe … curiosamente scarsa l’acqua.
Tutti un po’ allegri, abbiamo intonato canzoni e canzonacce: la mi’ morosa l’è vecia… osteria numero uno …
Gli altri, francesi, tedeschi, inglesi, ci guardavano con curiosità e invidia. Chi voleva poteva anche aggregarsi, ma solo qualche giovane di quelli dei kitesurf l’ha fatto.
Verso sera la festa s’è sciolta. Qualcuno già diceva “ ma che facciamo per San Valentino?”
 


Si lavora all'allestimento

Martedì grasso

E' qui la festa

Orate Fratres

Diceva bene Mario (il torinese): i turisti si fermano ad Agadir.
Non maltrattiamo Agadir, fuori dal lungomare c’è anche davvero l’Africa.
Ma chi te lo fa fare a sciropparti altri 1300 km di strada (quella strada!) per arrivare a Dakhla?
Semplice                

Qui dove il mare luccica
e tira forte il vento …
… ti volti e vedi la tua vita
come la scia di un’elica.

INDOVINELLO FACILE: che cos’è? Divina Commedia?

E poi trovi tanti amici, quelli che già conoscevi e anche quelli che non conoscevi. Tieni i contatti con quelli  di vecchia data rimasti a casa. Fai vita di villaggio, curi le relazioni, socializzi.
Pensa che mi stavano aspettando in molti.
Franco, Carlo, anche il figlio di Eddy da Cinisello Balsamo chiedeva al padre “ma non viene quel tuo amico?” E il fratello di Diego in Corsica …
Certo, l’attesa era un po’ interessata: “ci spieghi come si usano gli ebook? Hai dei libri da darci? Come si fa a mettere sull’autoradio le canzoni scaricate da YouTube?”
Anche in pensione non si finisce mai di fare il professore.

Ricevi dolcetti, seppie ancora vive, panna cotta, aiuti per fissare il tendalino e puntare la parabola.
Noi però  abbiamo organizzato una salsicciata sul nostro camper.
Non peschiamo, ma roba di norcineria da Genzano l’abbiamo portata.
Comunque è la pesca che scandisce la vita della comunità.

Mal di dentici.
Lanciare un’occhiata.
Soffiare il nasello.
Fondere le branzine.
Prendere un granchio.
E – naturalmente – orate fratres.       


Posto in prima fila


Verso l'oceano


Seppia

Forti sensazioni

La marea sale.
Scende.
Sale.
Scende.
Con la bassa marea questi spazi già immensi si dilatano.
L’acqua si ritrae per chilometri e scopre l’isolotto qui davanti, che diventa raggiungibile a piedi con una passeggiata di tre quarti d’ora.
Cammini tra conchiglie e stelle marine, pesci intrappolati nelle pozze, anche l’impronta sulla sabbia di una piccola razza (ma dov’è andata?).
Il sole scotta ma all’ombra la temperatura si mantiene tra i 25 e i 30 gradi. Sembra che qui l’escursione termica tra inverno ed estate sia molto ridotta.
Anche per questo molti vengono a svernare a Dakhla.
Dakhla si chiamava Villa Cisneros (non Villa Arzilla come pensavate voi) durante l’occupazione coloniale spagnola. Poi sono arrivati i marocchini, con i saharawi mica tanto contenti. Dicono che fuori della pista che porta all’acqua calda sulfurea ci siano ancora campi minati dal Fronte Polisario.
Oggi, per i casini nel Mali, la Gendarmerie Royale ci sconsiglia di sostare troppo isolati, soprattutto nelle vicinanze dei confini con la Mauritania e l’Algeria.
Noi stiamo qui.
Ma, dati i fatti recenti, non dico “stiamo come papi”.
 


Che razza d'impronta

Bassa marea

al Dakhla Attitude

Beh, davvero l’Africa dà forti sensazioni.
E meno male che sono forti.
Dato che vedere poco ci vedo, sentire non ci sento un cazzo …
Fortuna che dopo le terme a Tivoli almeno l’olfatto mi è tornato.

Karhun è il militare che presidia Trouk Plage, dove sostiamo.
Vive qui, ha un piccolo prefabbricato che sembra una scatola.
Alcuni cani quasi randagi fanno casa lì attorno. Ogni anno quando arriviamo troviamo una nuova cucciolata. Quest’anno sono già un po’ più grandini, hanno sui due-tre mesi.
Chissà quelli dell’anno scorso che fine hanno fatto.
Sarà che Karhun prova sempre a sistemarli con qualcuno dei camperisti lunga-sosta.
L’altra sera ci ha raggiunto mentre in 10 eravamo a cena sotto la verandina di Franco e Berta.
Gli abbiamo offerto dolci e vino - le gallinelle e i calamari fritti erano già finiti - e abbiamo intavolato una amena conversazione in un francese improbabile. Però devo dire che Roberto (il padovano che aveva pescato le gallinelle) si capisce di più quando parla francese che quando parla italiano.

Ah, l’indovinello.
Bravi. Proprio così, Dalla.
Evitando battutine maschiliste.
Se non ora quando?


Saccenti discorsi 

Al mattino il sole inonda il camper verso le sette e mezza.
Colazione e riassetto del camper.
Una passeggiata per scattare foto e cercare fossili e minerali.
Talvolta si va in città per fare la spesa e l’acqua.
Dopo pranzo curiamo l’abbronzatura.
Due (anche tre) chiacchiere con gli amici.
Il sole al tramonto si rispecchia nelle grandi pozze lasciate dalla marea che si ritira.
Scende la sera.
Il cielo è meraviglioso.
Neanche il chiarore lontano delle luci di Dakhla o i fari dei rari camion che passano laggiù sulla strada riescono ad appannare la moltitudine incredibile delle stelle.
A letto le vediamo attraverso il maxi-oblò.
Domani triboleremo ancora così.
 


Berta,Fiammetta,Carla,Paola,Enza

Fenicotteri

Tramonto

Siamo tornati al Samarkand, ma quest’anno ci siamo andati per pranzo.
Il Samarkand, se non ricordate, è il locale “alta classe” qui a Dakhla.
La clientela è internazionale,  perché pochi marocchini possono permetterselo.
Infatti anche noi abbiamo speso ben 120 Dirham a testa (circa 11 euro).
Per cosa?
Antipasti vari insalate polpo calamari pesci alla griglia altri molluschi aragoste dessert gelato.
Vino della casa (cioè proprio portato da casa) tollerato ma camuffato, sai: paese arabo! 

 


al Samarkand con Berta e Franco

Pesciolini

Una scuola

Il “25” sta proprio in testa alla laguna, in realtà una profondissima insenatura  plasmata dalle maree atlantiche. Se vai poco in là una pista ben battuta penetra nell’interno, in un ampio spazio tra le alture sabbiose. Da qui appare evidente l’origine della laguna: è il letto di un largo oued (o uadi, dite come volete) invaso dall’oceano. L’oued è assolutamente asciutto (anche se sotto qualcosa deve esserci, basti pensare alla sorgente sulfurea dove anni fa andammo a rifornirci) ma un tempo l’acqua doveva scorrere.
Sulle alture desertiche si cammina su un tappeto di conchiglie fossili. Prima ancora dell’oued questo doveva essere il fondo marino, poi sollevatosi di una cinquantina di metri.
Mi hanno detto che le conchiglie calcaree impiegano sui due milioni di anni a disgregarsi.
Il fatto che siano ancora lì in buone condizioni indica che il mare si è ritirato in tempi più recenti, lasciando un territorio solcato dall’acqua e prossimo all’oceano.
I fossili che si trovano tra le dune mostrano la presenza di foreste e di animali.
Naturale che degli uomini abitassero qui, almeno dal paleolitico. E così non è difficile trovare manufatti di selce lavorata, che il forte vento scopre sulla superficie.
Possibile? Nessuno li ha già trovati?
Ma si, tenete conto che qui è davvero deserto, città e villaggi sono lontani. I pochi turisti che arrivano non se ne occupano perché sono vecchi camperisti appassionati per la pesca o, in tempi più recenti, giovani appassionati del kite-surf.
Se vai in giro, sotto il sole cocente, sferzato dal vento incessante, incontri solo rade piantine e qualche tana di non so quale animaletto. Incontri il silenzio. La storia. La natura.

E poi mi chiedete perché continuo a venire qui?
 


Trouk Plage (il 25)


In cerca di fossili

La spesa con papà

A Dakhla tutti i commerci

Tracce

Vita nel deserto

Era un fondo marino

Scooter parcheggiati

Oued asciutto


Dolù?

Le signore - Fiammetta, Berta, Paola, Cora, Carla -  tutti i giorni alle 4 del pomeriggio hanno un appuntamento importante: la ginnastica. Sotto la guida di  Valeria, cultrice della corretta postura, si ritrovano nel costruendo bar per un’oretta abbondante di sforzi. Hanno dichiarato guerra alla rilassatezza del fisico. Da un paio di giorni perfino due ragazze marocchine, prima semplici curiose, si sono associate.
Lunedì però Valeria è andata via. Che fare?
Autogestione! Qualcuna aveva preso delle note, mica si può far cadere un’iniziativa del genere.
La guerra continua.

Dice il saggio “chi c’ha il pane non c’ha i denti e chi c’ha i denti non c’ha il pane”.
Infatti eravamo senza pane, ma in giro per il deserto ho trovato denti fossili.
Piero (il Piero della Francesca: la moglie così si chiama) dice che sono denti di dinosauro!
Forse non è vero, ma ci credo.

Però non c’è rosa senza spine.
Ricordate quella canzone (non piangere salame) che diceva pressappoco

… la costipazione
nasce da una distrazione …

Quattro giorni così. E il quinto, quando quasi credevo fosse finito tutto?
Febbre alta e una terribile contrattura muscolare tra collo e schiena.
Sarà stata la disidratazione, sarà stata la debilitazione, forse l’attività di riempi-e-solleva-taniche-d’acqua.
Ma neanche quando mi ero rotto la spalla provavo un dolore tale.
Franco e Mario ci hanno accompagnato all’ospedale di Dakhla, dove un medicuccio mi ha visitato:

“Doleur?”
“Eh??”
“Doleur, où?”
“Dolù??”
“Fievre?”
“Apres la tachipirìn le
fevrier s’è abbassè.”
“Oh, oui! En effett aujourd’hui c’est mars.”

Vabbè, il dialogo l’ho leggermente cambiato, ma manco poi tanto.
Ora pasticche in quantità industriale, ma sto meglio. Pensavamo di muoverci da qui tra un paio di giorni. Forse, data la faccenda, ne aspetteremo qualcuno in più.


Come a Goteborg

Siamo di nuovo in movimento, ci siamo spostati un pochino (!) verso nord. Più  o meno come se da casa fossimo arrivati al Brennero. Agadir è lontana, come dal Brennero a Lipsia, e Tangeri ancora di più, diciamo come per arrivare a Goteborg. E meno male che il gasolio costa poco, qui al sud più o meno 55 centesimi.
Che bella la strada nuova “bord de mere” che da Foum El Oued (Laayoune Plage) riporta a Tarfaya!
Un nastro d’asfalto, cento chilometri in mezzo al deserto con le dune di sabbia dorata che incombono ai lati. Un percorso nel nulla in vista dell’oceano e nulla più, salvo ogni tanto le onnipresenti baracche dei pescatori.
 


Domenica al mare

Baracche

Le dune mangiano la strada

Baracche di cartone e plastica, lamiere e stracci. Ma fuori hanno il pannello solare e la parabola satellitare. D’altronde questi non stanno per un fine settimana ma per parecchi mesi. Chissà come fanno per l’acqua. E il pesce poi? Ci mangiano ma il resto chi glielo compra?
Sulla sabbia a volte si vedono delle pozze. Probabilmente pochi giorni fa ha piovuto, quando a Dakhla c’era quel vento fortissimo. Si direbbe che su questo terreno l’acqua debba assorbirsi immediatamente ma a quanto pare non è così. Nascono cespuglietti spinosi. Poche capre e qualche cammello ci campano.
Ora siamo nel Parco Nazionale di Khnifiss. Una pista di un paio di chilometri si stacca dalla statale e raggiunge le lac de Najla.
E’ un posto meraviglioso delimitato da alte dune sabbiose, una insenatura salmastra ricca di vegetazione lacustre, pesci e uccelli acquatici. Il sito è protetto dalla convenzione di Ramsar, c’è solo un centro visite apparentemente abbandonato e qualche pescatore a presidiare il luogo.
Ah, naturalmente, ci troviamo una decina di camper.
Noi non facciamo a meno di un giro nella laguna con la barca dei pescatori. Peccato qualche nuvola.
 


Sulla laguna
 

Najla

In giro con la barca

Coda di rospo

Cenerini

Oggi si mangia

In volo

Pescatori

La riva della laguna


Addominali

Ancora un bel po’ di chilometri verso nord ed ecco Tiznit. Sempre lungo la RN 1, prima vicini all’oceàn incazzeè, poi salendo a superare le ultime propaggini dell’ Anti-Atlante. Cambia il paesaggio, si trovano più villaggi, si iniziano a vedere campi coltivati e alberi di argan. Quello che non cambia è la strada, sempre per lunghi tratti così stretta da far venire il mal di pancia quando incroci un camion.
Che poi quando la strada attraversa il letto di un oued mettono il cartello di strettoia, ma in realtà lì è più larga: con la pioggia questi passaggi possono trasformarsi in guadi, perciò ci piazzano una spalletta in cemento e dei paracarri , invece del solito bordo consumato e frastagliato.
Tiznit è città, non dico europea, ma insomma … Qui gran parte della popolazione è berbera. Il suq, le botteghe di artigiani, gli argentieri sono caratteristici, ma trovi anche il supermercato e i bancomat.
 


Il tempo delle fragole

Il mercato a Tiznit

Quali scegliere?

Sorprendentemente avevamo trovato un comodo spazio vuoto (il circolo della petanque?) nel campeggio cittadino di solito sempre pieno di francesi lungo-degenti.
Era proprio lo spazio per la petanque!

Come mai i francesi, tanto ospitali se vai in Francia (soprattutto in provincia) sono così ingombranti e rompiscatole in Marocco?
Grandeur? Macché, avanzi di colonialismo.
Una telefonata al figlio maschio preferito per il suo compleanno, però non c’è, non risponde.
Poi abbiamo saputo che era nella neve di Bruxelles, bloccato.
Per noi 22 gradi.
Una sosta riposante, tutti i commerci, carico e scarico, pulizie e lavaggio panni prima di ripartire.
E potevamo forse rinunciare a bomboloni e tè alla menta?

Fiammetta ha i suoi posti preferiti: Courmayeur, Parga, Agadir …
Che fai, ad Agadir non ti fermi? Certo, al campeggio allo scoglio del diavolo si sta bene, la città è vicina, il mare e la spiaggia proprio qui.
Poi il mercoledì, qui accanto, nel villaggio di Aouirir, c’è il suq settimanale, assai caratteristico e dai bassi prezzi. Molto frequentato anche dagli europei che dal campeggio arrivano in autobus, in camper, in moto (come noi) e anche a piedi. D’altronde forse gli abitanti del campeggio - anche se non pieno – sono più numerosi dei marocchini di Aourir.
L’altro giorno dopo la spesa “civilizzata” al Marjane  abbiamo portato Franco e Berta a mangiare il mechui al Restaurant Traditionnel Zerda: 1 kilo e 600 di goduria. Caffè il nostro, sul camper.

Come, non sapete cos’è il mechui? Eppure negli anni scorsi ve l’avevo spiegato.
Allora

        piccolo concorso a premi: che cosa è il mechui?

Chi risponderà bene avrà in premio una foto con vista panoramica sui miei addominali (leggasi: panza).
E non fate che allora rispondete male apposta.
 


Il suq di Aourir

Mercoledì al mercato
 

Venditori di arance

Lo scoglio del diavolo

Sullo scoglio

Addominali

 

Equinozio

Quando Fiammetta le telefona Luisa (mia suocera) chiede sempre quando torniamo.
Sempre.
Passano i mesi, sole e nuvole, gioie e dolori, fioriscono le prime gemme …
Quando torniamo?
Quando il ricordo lontano dei nostri volti apparirà come un flash nella vostra mente.
Quando l’immagine di una vecchia foto sbiadita in bianco e nero usata come segnalibro farà capolino tra le pagine di un romanzo.
Quando chissà perché un pensiero vi colpirà: “… dove cazzo staranno quelli?”
Allora, allora torneremo.
Peggio per voi.

Vedrete, poi vi chiederete “Ma quando se ne rivanno?” 

Mancano pochi giorni, è di nuovo quasi  primavera.
Un’altra.
Quando me lo dicevano anni fa non ci volevo credere, ma è vero: a una certa età gli anni rotolano via.
Non me ne accorgo nemmeno del tempo che passa veloce. Le primavere corrono una dopo l’altra, una dopo l’altra …
Sembra la “processione” degli equinozi.

A primavera il tempo subisce cambiamenti, l’atmosfera cerca equilibri diversi .
Così sabato vento da est (dall’interno), cielo velato e 33 gradi. Che fare?
Andiamo con le moto assieme a Franco e Berta a Al Had, il suq di Agadir.
E’ un luogo che non mancherà mai di stupirci con la sua folla, i mille commerci, i mendicanti.
Sorseggiando (al solito) un tè alla menta abbiamo conversato con Bernard e Nicole, una coppia di Biarritz che ha una casa qui e ci vive sei mesi l’anno. Non tutti i francesi sono poi troppo male.
Ci hanno consigliato di andare a mangiare da Saida, dentro al suq. Bevande, frittura e sardine sulla griglia per poco più di 3 euro a persona.  Servizio a dir poco spartano e tanta cordialità, tra il fumo del carbone su cui cuociono le Tajine e i suoni dei musicisti ambulanti.
Ma bisogna dire che mai come quest’anno il soggiorno ad Agadir si è rivelato un interludio mangereccio.
Così il mechui alla periferia della città, la frittura mista di pesce al porto, i carciofi alla romana e i formaggi caprini del Marjane nel camper.
Unico neo la coca cola invece del vino, ma non si può mica avere tutto.
 


Uno scatto 10 dirham


Al Had


Viagra Berber

A pranzo da Saida

Nel suq

La piscina del campeggio

La notte ancora 28°, il vento cala, tra i lampi cadono goccioloni pieni di sabbia.
Forse è ora di muoverci.


Basta che respirino

Maurizio, mio caro amico da quando eravamo studentelli più di mezzo secolo fa, mi ha detto in una sua mail che il nostro professore di lettere di una volta sarebbe soddisfatto di come scrivo.
Non lo so, forse – come un tempo - criticherebbe la scarsa lunghezza degli scritti.
Non lo ricordo volentieri (permettetemi questo “m’aricord”, in fondo anch’io mi chiamo Federico).
Non gli bastarono tre anni per convincersi che con una sola colonna di foglio protocollo, con la mia calligrafia minuta, scrivevo quanto altri in tre colonne. E sarebbe bastato contare le parole.
Sapete, anche molti anni dopo, già sposato e padre di famiglia, mi capitava di sognare di venire interrogato in storia e di essere impreparato. Che angoscia.
Comunque adesso spero davvero di non scrivere troppo, non vorrei addolorarvi più di tanto.

A una cinquantina di chilometri da Agadir in direzione di Essauira la statale rientra bruscamente allontanandosi dalla costa per superare il fiume Asif. Lì c’è un villaggio chiamato Tamri.
Questo villaggio è famoso per la coltivazione delle banane. Sono piccole banane, non come le chiquitone che si trovano da noi, ma gustose. Solo che ne devi mangiare tre per farne una di quelle.
E neppure costano poco: praticamente come in Italia, ma fatte le proporzioni …
Tamri è Marocco rurale profondo. Al bar ai margini del suq oziano gli uomini, mentre vecchi furgoni Ford Transit quasi in disarmo caricano le persone per riportarle a casa con le loro spese.
Una famigliola invece fa il pieno all’asino.
Una sosta al volo anche per noi per acquistare pane e, naturalmente, banane.
 


Il pieno all'asino

Tamri

 

Due chiacchiere

Banane

Marocco profondo


Al bar con gli amici

Così arriviamo ad Essauira. Anche quest’anno ci fermiamo qui, all’ingresso del porto, vicino alle splendide mura portoghesi.
Dice: “Ma ti piacciono proprio tutte, basta che respirino?”
Si, Essauira respira!
Il vento scuote il camper, sull’isola rocciosa di Mogador aggredita dalle onde si sollevano spruzzi altissimi, i gabbiani volteggiano sulla nostra testa lanciando il loro grido stridulo.
Ma cavolo, ogni tanto sulla nostra testa lanciano anche i loro escrementi!
Pazienza, una paio di giorni qui a passeggiare nella medina valgono la pena.
Ma questo ve lo racconto un’altra volta.
 


Bancarella di pesce ad Essauira


Mogador

Gabbiani e pescatori


Decalogo

Quando ci muoviamo ogni giorno resto sempre in ritardo a raccontare, scrivo di un posto ma sono già in un altro. Tanto più se non trovo la connessione. D’altra parte non ho mai voluto fare un “diario” di viaggio.

Al contrario dei silenzi e dei grandi spazi del deserto la medina di Essauira pare un formicaio di persone.
Ti immergi nelle viuzze tra i negozietti e le rovine fatiscenti, le botteghe degli artigiani e i riad, le bancarelle e gli hammam.  Le voci dei bambini che escono da scuola e la musica Gnaua fanno da sottofondo.
C’è chi è smaliziato anche troppo, come quel tale che chiede 45 dirham per un cordoncino da collanine che al mercato da noi costerebbe un quarto. Ma sei pazzo? Allah Ishuf!
Qui, data la forte presenza turistica,  i prezzi sono più alti che altrove:  i bomboloni a quasi 14 centesimi di euro!
Il tempo è variabile, a tratti tempestoso. Non fa freddo ma le raffiche di vento portano una pioggerella fitta e sottile, dopo esce il sole e poi di nuovo nuvole. Un momento di riposo al bar per un caffè che doveva essere espresso ma si rivela un bibitone lunghissimo ed eccoci di nuovo a passeggio per poche compere e per scattare tante foto.
Difficile descrivere questo ambiente se non con le immagini. Diceva un tale “che intender non lo può chi non lo prova”.
Alla sera dopo cena ci ritroviamo nel camper di Franco e Berta, dove loro ci stanno insegnando a giocare a pinnacolo. Un sorso di pastis ci concilia il sonno e ci prepara per l’indomani a un’altra giornata intensa e a colori.
 


Agenzia

Un po' di riposo

Tè alla menta

Bomboloni

Macellaio

Un riad

Verso il porto

Coiffeur

Strumenti musicali

Cappellini

A passeggio nel porto

Vecchia Essauira

Musicista di strada

Donne al mercato

Le mura portoghesi



Il parcheggio sotto il minareto della Koutoubia, a due passi alla piazza di Marrakech, è quanto di meglio esista per mettere il camper: a pochi metri dal caos qui regna una tranquillità incrinata solo ogni tanto dal verso delle cicogne e dal richiamo del muezzin.
Qui è d’obbligo una passeggiata e la cenetta alle bancarelle in piazza. A tal proposito eccovi il mio

DECALOGO

1)      Porta la macchinetta fotografica e accertati che sia carica.
2)      Cammina disinvolto e non parlare. Ti parleranno in dieci lingue per indovinare di dove sei.
3)      Non cedere al primo abbordaggio, se no perdi il divertimento di vedere cosa inventano gli altri.
4)      Sii pronto a parlare di Balotelli e Cassano, ma ricordati che in realtà tifano Barcellona.
5)      Non compiacerti di chi ha un cugino o fratello nella tua città: vero o falso ce l’hanno tutti.
6)      Non sederti sottovento al fumo.
7)      Scegli un posto un po’ interno dove venditori di fazzolettini e mendicanti non arrivano.
8)      E’ inutile bere alla bottiglia per non usare il bicchiere, tanto la forchetta la usi.
9)      Non desiderare la roba d’altri. Sarà per la prossima volta.
10)   E se poi non sei tollerante in fatto di igiene, qui non ci venire proprio.
 


Un angolo tranquillo a Marrakech
 


Bottega delle spezie

In piazza


Nella Kasbah

La strada per Ouarzazate attraversa i monti dell’Atlante valicando il Tiz’n Tichka  a quasi 2300 metri di quota (ma questo è il passo facile) tra stupendi panorami. Sul versante sud il paesaggio si fa più arido e  si scende su un altopiano desertico in cui fa assai caldo mentre intorno le cime appaiono ancora innevate.
Così si arriva ad Ait Ben Haddou, piccolo villaggio che vive del turismo in visita alla celebre Kasbah.
Troviamo il posto un po’ cambiato rispetto a pochi anni fa: più negozietti di ricordini, qualche bar che prima non c’era. Il fiume è in magra e non ci sono i bambini che per pochi dirham ti facevano guadare a dorso d’asino. Tuttavia il luogo è ancora molto attraente con le sue casette di fango e paglia ai piedi della kasbah scenografica.
L’inserimento nei circuiti turistici è una benedizione o una maledizione? 
 


Sui monti dell'Atlante

La strada per Ouarzazate

Tiz'n Tichka

Col camper vicino alla kasbah

Cicogna

Padre felice

Tornati da scuola

Il deserto da Ait Ben Addou

In alto sulla kasbah

Si va a lavare i panni

Scritte berbere

Il guardiano del parcheggio

 

Solo foto

 


Il lago a Ouarzazate

Venditore di aglio

Palme e cime innevate

Paglia e fieno

High Tecnology

Bimbi che giocano


Che campi a fare? 

Se non sei mai stato alle gole del Dades, scusa, che campi a fare? Non hai visto il percorso incantevole tra le aspre rocce e i villaggi di fango, non sei passato accanto alle decine di antiche kasbah, non hai scalato gli stretti tornanti che fanno somigliare questa strada a un piccolo Stelvio.
Dove la gola è più stretta e le pareti montuose sembrano soffocare la strada, il fiume scorre vigoroso e un argine di sacchi di sabbia protegge a malapena la carreggiata. Risalendo verso la sorgente la valle si allarga un po’ e lascia spazio alle coltivazioni sparse. Le donne lavano i panni sulla riva mentre i bambini giocano e salutano chi passa.
Tornando indietro ci fermiamo per la notte nello slargo che fa da parcheggio al ristorante-albergo Timzzillite, dietro promessa di consumare lì la colazione al mattino successivo. Siamo a 1800 metri e la notte il freddo si fa pungente. La luna quasi piena illumina il nostro camper intirizzito.
 


Valle del Dades

Timzzillite

Uno sguardo giù

Relax
 

Lo "Stelvio marocchino"

Verso i tornanti

Nella gola

Colazione coi bretoni

Nomade sul Todra

La gola del Todra

Somaro sarai tu

A fianco al fiume


Domenica delle palme? Veramente le palme le abbiamo noi qui. Anche se domenica è passata.

 


La palmeraie del Meski

Ruderi abbandonati

La Source Bleu de Meski


Piccola digressione su come si mangia in Marocco (che stia diventando un’ossessione?)

Pigliate 'na pastilla dà rett'a me.
Sòle a choix? Proprio a me vuoi dare una sòla?
Era grosso così, si chiamava bombolon …
Tajine, Harira, Mechui, tutto qadra.
 

C'est plus fossil

Vi è mai capitato di essere invitati a cena da una famiglia berbera?
Vi racconto.
Erfoud è una città  a poca distanza dall’Erg Chebbi, dove le dune del Sahara disegnano onde a perdita d’occhio. Il centro cittadino è in chiaro sviluppo, ma basta andare al suq per trovare il Marocco più autentico. Qui si è affermata la lavorazione (e il commercio) di fossili e minerali del deserto.
Brahim ha una piccola bottega all’inizio della strada per Merzouga, proprio dove un ponte in costruzione permetterà di evitare il guado sul fiume Ziz. Lì attorno prosperano non i negozi per turisti ma le officine dove tagliano e lavorano la pietra fossile. Le persone che ci lavorano sembrano destinate a una silicosi spietata.
Così, tra una chiacchiera e l’altra, allietati di fiumi di tè, abbiamo deciso di comprare dei piatti e – soprattutto – un tavolo in pietra con splendide inclusioni di fossili.
Di qui l’invito.
A sera Brahim ci scorta verso casa sua. E’ mercoledì, ma in nostro onore sua moglie ha preparato il cuscus del venerdì e delle feste. Noi e loro con i quattro bambini ( ma poi arriva anche una vicina con i bambini suoi) ci serviamo direttamente dal piatto guarnito da fave, carciofi, carote, rape, mandorle. In alto troneggia un pollo arrostito. Qualche timore per la carica microbica cede il passo al senso della comunità.
I genitori di Brahim abitano con loro ma sono via, da un cugino. Ci colpisce sapere che hanno solo 55 anni: la più grande delle nipotine ne ha 10. Dato che deve finire i compiti è la seconda che ci porta il catino e l’acqua per lavare le mani.
Si fa tardi, i bambini hanno sonno, ma Mohammed (il piccolino) vuole comunque accompagnare il padre che ci guida verso la casa-officina-rivendita nel deserto del fratello Alì, dove sostiamo con i camper per la notte. Al mattino la luna piena tramonta ad ovest mentre il sole già sorge dietro un colle lontano.

 


Erfoud

Bottega dei fossili

A casa di Brahim

Cuscus

Mani pulite


Benvenuti

Luna piena

Alba

Si fa notte



Alì si chiama anche il figlio di Alì. Ha sette anni e fa la prima. Verso le otto prende la sua bicicletta - troppo grande - e si fa i dieci chilometri (quasi un’ora!) in mezzo al niente che lo portano a scuola in città. Torna alle due, dopo essere passato a comprare il pane per sé e per il padre. La mamma e la sorellina non stanno qui, vivono al paese d’origine della famiglia.
Vi vengono in mente i ragazzini nostrani, iperprotetti, accompagnati a scuola col SUV, la cartella pesa, troppi compiti, la maestra ce l’ha con lui?
Per il piccolo Alì siamo un diversivo più unico che raro. Parla poco ma si diverte molto ad esplorare il camper. Guarda il computer portatile dove, miracolosamente, prende anche la chiavetta internet.
Noi passiamo la giornata in giro tra Erfoud e Rissani. Poi, tornati qui verso sera, la cena la prepariamo noi: rigatoni col tonno, per secondo camembert, olive e carciofini, qualche biscotto. Con Brahim che ci ha raggiunto qui siamo in sette seduti su vere sedie (pur se da campeggio) attorno ai tavolinetti pieghevoli con piatti e posate di plastica, ma è un servizio principesco per le loro abitudini. E la pasta ha un successo strepitoso.
 


Lì da Alì
 

La natura disegna

Lavorazione della pietra

Fabbro a Rissani

All'uscita dalla scuola

Fossili



Merzouga: la meta nevralgica, ambita da tutti, il punto d’arrivo che nell’immaginario collettivo è tutt’uno col Sahara.
Infatti ci sono tutti, complice forse la settimana di Pasqua che porta in Marocco frotte di spagnoli in 4x4.
Che poi non mi è mica tanto chiaro quanto sia avventuroso andarsene in giro in gruppi di 10-15 fuoristrada, una guida davanti e una di dietro, cena e camera in albergo, e polvere sulla carrozzeria chi più ne ha più ne metta.
Vabbe’, comunque ci siamo anche noi. Sosta scomoda sulle dune fuori all’Auberge du Sud: bello, ma non ha i servizi per campeggio. Siamo arrivati qui (dopo una decina di chilometri di piste orrende, inadatte al camper, con la paura di insabbiarci) perché Franco e Berta dovevano incontrarsi con degli amici.
Un matrimonio nell’albergo prima ci allieta la serata, molto più tardi un po’ ce la disturba.

 


Scomoda sosta

Tra le dune

Una coppia nel deserto

Festa nuziale

Il ballo delle invitate

Auberge du Sud


Ma ci cattura la magia del deserto: la sabbia dorata, i cammellieri, l’alba sulle dune.

 


Uso piscina

Escursione nell'erg Chebbi

Marocch-ina

Il tè è pronto

Suonatore

Si balla alla musica Gnaua

Il gruppo è arrivato

Dromedari

Bardatura


Una sosta di pochi giorni prima di puntare decisamente a nord. Il ritorno si avvicina.

 


A beduì ...

Carovana

Oasi

 

Depressione post-parto

Il Marocco del nord è un altro paese. 
Questa è la regione del Rif, la regione del kif. 
E come piove!
Torrenti gonfi di acqua fangosa, frane sulla strada, più freddo: pare di stare in Italia.
Il paesaggio è cambiato. Tra i campi coltivati, sulle alture, si vedono i boschi di cedro. 
 

 


Luxury coach
 
Oued Laou

Scimmiette
 
Qui non fa caldo


 

Con le nuvole il cielo è meno luminoso e Chefcaouen - la città blu - sembra grigia. 
Nelle viuzze della medina le donne si fermano a chiacchierare, un anziano ci saluta. Poi scopro che ha meno anni di me.

 


Chefcauen
 
Sonnellino

Anziano
 
Donne nella medina


Forse soffro la depressione post-parto (non quando parti: dopo, verso la fine di un viaggio).
Quella vaga malinconia che ti prende quando pensi al travaglio usato cui farai ritorno.
Ci fermiamo sul sonnolento lungomare di stampo europeo a Oued Laou.
Col camper ci troviamo invischiati nel formicaio umano del mercato a Tetouan. 
 


Suq di Oued Laou

Lo compro!

Mica si passa

Frutta a Tetouan

Un bel tipo

Libri e altro

Pane appena fatto

Acqua fresca

Tetouan

Merceria

In piazza

La moto nuova


Ultime visite, ultime spese, con calma e un senso di sazietà. Poi … l’imbarco. 

Un giorno dopo l’altro
il tempo se ne va
le strade sempre uguali
le stesse case.
La nave ha già lasciato il porto 
e dalla riva sembra un punto lontano 
qualcuno anche questa sera
torna deluso a casa piano piano.

Povero Tenco, poeta spezzato. E non poteva cambiare strade invece di percorrere sempre le stesse?
La nostra nave sta per lasciare il porto e torniamo a casa ricchi di ricordi e incontri, di colori e impressioni.
E per dopo abbiamo un progettino ... morto un viaggio se ne fa un altro.